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Alcuni dati rivelano differenze tra gli studenti migranti e gli alunni nativi nei livelli di istruzione raggiunta. I risultati di studi comparati, come il PISA dell’OCSE, mostrano che in media gli alunni immigrati raggiungono un livello di istruzione inferiore rispetto agli alunni nativi.
Analizzando i risultati PISA, Jakubowski (2011) ha osservato che lo status socioeconomico degli studenti spiega solo una parte del divario educativo. La sua analisi mostra che anche dopo aver colmato tale aspetto, nella maggior parte dei paesi gli studenti immigrati sono ancora indietro rispetto agli studenti nativi nel rendimento scolastico ed in molti paesi queste differenze sono significative.
Tuttavia, la situazione svantaggiata degli studenti migranti e i loro risultati scolastici possono essere migliorati qualora le sfide alla loro educazione e alla loro integrazione sociale vengono affrontate in contemporanea.
Algan et al. (2010), esaminando il processo di integrazione degli immigrati e dei loro figli in Francia, Germania, e nel Regno Unito scoprono che i figli degli immigrati hanno risultati inferiori dei figli dei genitori nativi. Tuttavia, i figli degli immigrati spesso si integrano meglio dei propri genitori. Gli autori hanno concluso che ciò suggerisce che i sistemi educativi stiano lavorando per integrare i giovani immigrati “anche se è molto più difficile stabilire se il progresso sia veloce abbastanza” (Algan et al., 2010: 25).
Questo quadro analitico ci illumina sul fatto che gli alunni migranti con scarso rendimento possono migliorare i loro risultati scolastici e migliorare con il giusto contesto educativo e con politiche di integrazione più ampie.
Sembra che i bambini con un background migrante siano rappresentati in maniera sproporzionata tra i giovani che abbandonano prematuramente la scuola e con percentili di rendimento inferiore (Nouwen et al., 2015). È inoltre più probabile che i giovani migranti rientrino nella categoria NEET (persone che non frequentano corsi di istruzione, impiego o di formazione)
Un report pubblicato da Eurodiaconia (2014) elenca come sfide affrontate dalle famiglie migranti fattori psicologici, senso di isolamento, di esclusione o pregiudizio sociale. Questi fattori psicologici possono limitare il livello di fiducia che i migranti hanno nei confronti degli altri. Ciò, a sua volta, può ulteriormente rafforzare i sentimenti di frustrazione e disperazione, e può indurre a passività e mancanza di incentivi per compiere sforzi per cambiare e migliorare la propria vita.
Eurodiaconia ha anche osservato che il sentimento di frustrazione può essere peggiorato dalla privazione materiale e da condizioni di vita povere. Altre barriere all’integrazione identificate nel report di Eurodiaconia (2014:8) includono “insufficiente consapevolezza” da parte delle autorità dei bisogni dei giovani migranti e mancanza di finanziamenti sostenibili, con conseguente scarse capacità finanziarie dei fornitori di servizi che limitano la portata e la gamma dell’offerta e la loro affermazione nel settore educativo.
Come risultato di queste sfide, gli studenti migranti tendono ad avere un rendimento scolastico inferiore, un tasso di abbandono scolastico elevato ed in alcune scuole sono sovra o sottorappresentati rispetto agli studenti nativi. Gli studenti migranti hanno anche meno probabilità di conseguire livelli d’istruzione elevati e continuare così con gli studi di alta formazione.
Sono anche più propensi a sperimentare emarginazione ed esclusione sociale (Brind et al., 2008; Heckmann 2008; OCSE 2010).
Le competenze culturali sono essenziali in qualsiasi contesto educativo. Come fa un insegnante a capire il mondo interiore dei suoi studenti? Attraverso la loro capacità di connettersi con diversi retroscena culturali, interessi e personalità. Le competenze culturali richiedono, in primo luogo, che gli insegnanti si considerino come discenti per l’intero arco della vita e che inevitabilmente incontreranno nuovi paradigmi culturali nel campo etnico-nazionale, tecnologico, pedagogico ed altro ancora.
I ricercatori hanno dimostrato che i pregiudizi e gli stereotipi razziali degli educatori, sia espliciti che inconsci, hanno un impatto rilevante sull’apprendimento e sui processi di inclusione degli studenti in classe. C’è spazio per l’ottimismo, anche perché i ricercatori hanno iniziato ad aiutarci a capire quali tipi di azioni – alcune piccole e altre grandi – possiamo intraprendere al fine di ridurre l’eco degli stereotipi e dei pregiudizi in classe.
Non conoscere la lingua del paese ospitante è una delle barriere più grandi per l’integrazione ed una educazione di successo per gli studenti migranti; le scarse capacità linguistiche dei genitori migranti limitano allo stesso tempo le opportunità di sostenere i loro figli nell’apprendimento scolastico.
Analizzando la situazione dei giovani migranti di prima generazione, Dumčius et al. (2013) hanno osservato inoltre che le barriere di tipo linguistico limitano anche la più ampia possibilità per i genitori migranti di essere coinvolti nella vita scolastica (per esempio nel venire coinvolti nelle riunioni per i genitori o contribuire e partecipare alle attività scolastiche, ecc.) e mettersi in contatto con i fornitori di servizi scolastici.
I giovani migranti (sia di prima che di seconda generazione), iniziando a frequentare una scuola senza conoscere la lingua del paese ospitante, si trovano in una situazione di svantaggio rispetto agli studenti nativi ed il loro apprendimento è ostacolato fin quando non superano la barriera linguistica (OCSE 2010). I risultati dell’OCSE mostrano come coloro che non parlano la lingua del sistema di istruzione a casa conseguono risultati più bassi nella lettura ed in matematica rispetto a chi invece ne fa corrente utilizzo.
Ciononostante, i giovani migranti che parlano la lingua di insegnamento a casa faticano comunque ad ottenere gli stessi risultati sui test scolastici rispetto agli studenti nativi.
Queste differenze comunque non sono dovute solamente dall’uso di una lingua diversa rispetto alla lingua di istruzione ed infatti fattori socioculturali potrebbero giocare anche un ruolo importante.
Ad esempio, la conoscenza della lingua accademica cognitiva (CALP), un ‘uso decontestualizzato della lingua […] comune nelle materie scolastiche,’ è suggerito come un fattore importante per il raggiungimento di buon i risultati (Brind et al., 2008, 37).
Altri studi, tuttavia, sono più positivi sui diversi punti di vista. De Paola e Brunello (2016) ad esempio mostrano che il conseguimento di buoni risultati in matematica tra studenti che non parlano la lingua di insegnamento a casa varia a seconda del paese.
Una ricerca dal Regno Unito ha esaminato i risultati scolastici di un gruppo di studenti migranti tra i 5 ed i 16 anni d’età dimostrando che, nonostante abbiano voti più bassi rispetto agli studenti nativi durante i primi tempi di inserimento nella scuola, gli studenti appartenenti a minoranze etniche recuperano facilmente durante la loro carriera scolastica, ciò come risultato della migliorata conoscenza linguistica (De Paola e Brunello, 19; Dustmann et al. 2012).
Alcune sfide affrontate dagli studenti migranti dipendono da aspetti generali quali un basso status socio-economico, la scarsa conoscenza della lingua del paese ospitante, barriere di tipo psicologico, basse aspettative nei loro confronti da parte dei genitori e degli insegnanti ed insufficiente supporto familiare e comunitario.
In media, gli studenti migranti ottengono risultati scolastici inferiori rispetto a studenti con entrambi i genitori della nazionalità del paese di riferimento. L’analisi del OCSE sui dati PISA rivela che l’alta concentrazione di studenti di origine migrante in una scuola o classe non è necessariamente un fattore che compromette la performance scolastica di altri studenti. E’ più probabile invece che un’influenza negativa venga esercitata da un’alta concentrazione di studenti con un basso status socio-economico e con scarsi risultati scolastici.
Allo stesso modo, la presenza di un elevato numero di studenti con genitori aventi un basso livello di istruzione (soprattutto la madre) ha un impatto negativo molto più significativo sull’andamento scolastico generale degli studenti che la presenza di un elevato numero di migranti in una scuola o in una classe.
La presenza di studenti con buoni esiti scolastici ha un’influenza sostanziale sulla performance degli studenti migranti. I benefici delle classi miste sono duplici: in primis, aiutano gli studenti migranti ad ottenere migliori risultati scolastici; ed inoltre incoraggiano l’inclusione sociale.
Altre sfide derivano poi dal contesto specifico del paese ospitante: per esempio, i programmi educativi ministeriali che valorizzano maggiormente la cultura predominante; i pregiudizi culturali nei test di valutazione e di accesso; opportunità di finanziamento limitate per un supporto aggiuntivo; un gruppo di studenti migranti con scarsi risultati scolastici che plasma il pregiudizio sociale su quel gruppo etnico; la predisposizione per studenti migranti di sistemi educativi ‘speciali’ o percorsi educativi di tipo secondario e inadeguati livelli di risposta da parte dello stato e di altri attori locali e regionali.